Francesca Poscente, Elena Campione, Luca Bianchi
UOSD di Dermatologia, Università degli Studi di Roma Tor Vergata
Le ittiosi sono un’ampia ed eterogenea famiglia di disordini della cheratinizzazione che si caratterizzano per l’eccessiva desquamazione, con o senza ipercheratosi dell’epidermide o infiammazione dermica, tali da far somigliare la cute alle squame dei pesci. Con l’eccezione delle ittiosi acquisite, secondarie a processi neoplastici, infettivi, endocrino-metabolici, autoimmuni e a trattamenti farmacologici, si tratta prettamente di genodermatosi monogeniche, distinte in varianti sindromiche e non. Molti dei pazienti affetti da tali patologie sperimentano disturbi ansiosi-depressivi, con notevole impatto sulla qualità di vita e frequenti sovrainfezioni cutanee, che soprattutto nei primi mesi di vita e nelle forme più severe possono risultare fatali. Allo stato attuale il trattamento delle ittiosi si focalizza unicamente sulla gestione dei sintomi e include emollienti, agenti cheratolitici e retinoidi orali. 1
La sindrome di Netherton è una rara malattia genetica, a trasmissione autosomica recessiva, che colpisce 1/200.000 nascite. 2 Si caratterizza per la presenza di eritrodermia e desquamazione alla nascita, che può persistere per tutta la vita o evolvere nell’infanzia in ittiosi lineare circonflessa, forma più lieve contraddistinta da placche eritematose migranti con squame circinate a doppio margine. Si associa un difetto caratteristico del fusto del capello (tricoressi invaginata), responsabile di alopecia parziale e segni e sintomi di atopia (asma, dermatite atopica, allergie alimentari, orticaria, livelli elevati di IgE). Molto comuni sono la disidratazione ipernatremica, le infezioni ricorrenti, il malassorbimento intestinale con diarrea, rachitismo e ritardo di crescita. 3
La patologia è legata a mutazioni con perdita di funzione del gene SPINK5 (5q31-q32) che codifica per LEKTI, un inibitore della proteasi serinica, normalmente espresso nello strato granuloso dell’epidermide. Il deficit di LEKTI produce un aumento dell’attività idrolitica callicreina-simile nello strato corneo, provocando la desquamazione prematura dell’epidermide e la degradazione della filaggrina e delle proteine del follicolo pilifero, con conseguente difetto della barriera cutanea. L’alterata integrità della cute facilita la penetrazione di agenti patogeni, che attraverso la produzione di citochine proinfiammatorie (IL-6, IL-17C, IL-36) guidano la risposta immunitaria verso il pathway Th17. In parallelo, l’iperattività proteolitica stimola la risposta Th2. 4
Sono stati riportati diversi case report di pazienti pediatrici affetti dalla sindrome di Netherthon e trattati con efficacia con terapie biologiche che inibiscono l’IL-17A, IL-12/IL-23, IL-4R e IL-13R, TNF-α e IL-1β. 4 Sebbene molti degli individui affetti risponda bene a tali terapie, alcuni di essi possono mostrare resistenza alle terapie biologiche. Pertanto si configura la necessità di nuovi orizzonti terapeutici per i casi refrattari. In tal senso, nella letteratura sono stati descritti dei case report che sottolineano l’ efficacia del trattamento con inibitori delle Janus kinasi (JAK), mediatori del segnale citochinico, che comprendono quattro molecole principali (JAK1, JAK2, JAK3, e TYK3). Gli enzimi JAK, a seguito del legame recettoriale, fosforilano le molecole di trasduzione del segnale STAT, che dimerizzano e si trasferiscono nel nucleo, dove attivano la trascrizione genica. Di conseguenza, l’inibizione della via JAK-STAT porterebbe al blocco del segnale citochinico. 5
Nell’ambito dei casi descritti si riporta quello di una ragazza di 28 anni con tricoressi invaginata e chiazze eritematose migranti con squame a doppio margine presenti sul viso, collo, tronco ed estremità e trattate da circa 20 anni come eczema o psoriasi con emollienti, corticosteroidi, metotrexate e ciclosporina, con scarso beneficio. La paziente ha mostrato miglioramento del quadro clinico dopo 8 settimane di trattamento con Secukinumab, inibitore della IL-17A, che ha dovuto successivamente sospendere a causa di una gravidanza, a seguito della quale il farmaco ha perso di efficacia. Il Dupilumab, inibitore della IL-4 e della IL-13, si è dimostrato utile nel ridurre il prurito, mentre il coinvolgimento cutaneo continuava a rappresentare l’84% della superficie cutanea. Previo consenso informato, la paziente ha iniziato il trattamento con Abrocitinib, inibitore selettivo di JAK 1, al dosaggio di 200 mg die. Dopo la prima settimana di trattamento il prurito si è ridotto da 6 a 4 nella scala numerica, il DLQI si è ridotto da 20 a 8, con un 30% di superficie cutanea coinvolta. A 3 settimane il DLQI e la scala del prurito hanno raggiunto il valore 2, con il solo 5% di estensione di malattia. Attualmente la paziente è in trattamento da circa 3 mesi e continua beneficiare dell’effetto di Abrocitinib. 6
Un altro caso descrive la storia di un bambino d 3 anni con placche generalizzate eritemato-desquamative rosso-brunastre con doppio margine, infezioni ricorrenti fin dalla nascita e tricoressi invaginata. A seguito di fallimento del trattamento con betametasone orale, è stata iniziata terapia con Tofacitinb, inibitore che blocca l’enzima JAK 1 approvato per l’artrite idiopatica giovanile poliarticolare nei bambini con età maggiore dei 2 anni, al dosaggio di 0,3mg/kg/die. Il farmaco si è dimostrato efficace nel contenimento della sintomatologia, con un profilo di sicurezza superiore rispetto ai corticosteroidi. 7
Gli inibitori della Janus Kinasi stanno emergendo come potenziali armi terapeutiche per la gestione di patologie complesse e invalidanti come le ittiosi congenite, sebbene ad oggi il loro meccanismo d’azione sulla patogenesi di tali malattie non sia stato ben chiarificato e i risultati di efficacia siano limitati a singole casistiche.
BIBLIOGRAFIA
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