Valeria Manfreda
Unità Operativa di Dermatologia, Policlinico di Roma Tor Vergata
Il melanoma oculare rappresenta una variante di melanoma di raro riscontro, si forma nell’83% dei casi dall’uvea e nel 5% dei casi dalla congiuntiva, ma ancor più sporadicamente può interessare sedi come l’orbita o la palpebra [1].
Melanoma uveale
Il melanoma dell’uvea può coinvolgere la coroide (90%), il corpo ciliare (6%) o l’iride (4%). Il più delle volte interessa soggetti di età medio-avanzata, con un picco di incidenza in corrispondenza dei 70 anni. Non sono riportate differenze di genere nella distribuzione del melanoma uveale, mentre risulta maggiormente diffuso nei caucasici rispetto alle altre Etnie. [2][3]
Fattori predisponenti includono: un fototipo chiaro, la presenza di melanocitosi oculare o oculodermica, la presenza di nevi e la mutazione del gene BRCA-1. [2] Numerosi studi hanno inoltre dimostrato la presenza di un’alta incidenza di mutazione delle proteine G eterotrimeriche GNAQ o GNA11 in questa patologia. [4]
Al pari delle altre forme di melanoma, la diagnosi precoce è fondamentale. Essa risulta possibile nel melanoma dell’iride, ma estremamente difficile nel melanoma della coroide o del corpo ciliare, in quanto queste strutture non risultato “direttamente” osservabili. Questa discrepanza è alla base della diversa prognosi che caratterizza le due differenti localizzazioni del melanoma e che risulta sensibilmente peggiore nel secondo caso. [2]Il melanoma dell’ iride può essere diffuso o circoscritto e si localizza con maggiore frequenza al quadrante inferiore. La sua comparsa può determinare un cambiamento di colore dell’iride (eterocromia) e una distorsione della pupilla (corectopia). [2] [4]
La diagnosi di melanoma dell’iride non puo’ prescindere dall’ esame clinico effettuato nel corso di una visita oftalmologica specialistica. Per differenziare un semplice nevo da un melanoma può essere d’aiuto l’algoritmo ABCDEF (“A” age young (≤40 years); B, blood in anterior chamber; C, clock hour of mass inferiorly; D, diffuse configuration; E, ectropion; and F, feathery margins). La diagnosi può, inoltre, giovarsi di tecniche come la biomicromoscopia a fessura e la gonioscopia. Nel caso di lesioni di piccole dimensioni una tomografia ottica del segmento anteriore (AS-OCT) è in grado di fornire immagini ad elevata risoluzione, mentre per lesioni di grandi dimensioni si può ricorrere ad una biomicroscopia ad ultrasuoni o ad un’ultrasonografia con tecnica b-scan. Occasionalmente può essere eseguito un ago aspirato per la conferma diagnostica. [2][3][4]
Le principali sedi di disseminazione metastatica dei melanomi oculari (sia uveale che congiuntivale) sono quella linfonodale, encefalica, polmonare ed epatica, di conseguenza nel sospetto di una diffusione della patologia è opportuno effettuare un esame TC total body o PET-TC. La biopsia del linfonodo sentinella può essere effettuata, ma spesso risulta complessa.[2][4]
Piccoli melanomi dell’iride possono essere trattati chirurgicamente (iridectomia, iridotrabeculectomia e iridociliectomia), per le forme più estese si procede ad enucleazione del bulbo oculare. Nei casi in cui non si possa intervenire chirurgicamente, si può ricorrere alla radioterapia con placche radioattive (brachiterapia) di iodio e rutenio o alla radioterapia con protoni. [2][3][4]
La sintomatologia associata alla presenza di melanoma della coroide o del corpo ciliare, invece, include visione offuscata, fotopsia, miodesospsie, dolore e solo talvolta la presenza di lesioni visibili.[2][3][4]
L’iter diagnostico ha inizio con un esame del fondo oculare ed un’ oftalmoscopia indiretta. Per lesioni di grandi dimensioni può essere d’aiuto la transilluminazione o un’ultrasonografia. Le opzioni terapeutiche comprendono: la termoterapia transpupillare, la terapia fotodinamica, la brachiterapia o la radioterapia con protoni e l’enucleazione del bulbo oculare. [2][4]
Melanoma congiuntivale
Il melanoma congiuntivale solitamente si manifesta come una lesione pigmentata piana o nodulare, localizzata a livello della congiuntiva. Sono descritti in letteratura forme di melanoma amelanotico. Esso può insorgere ex-novo o da un preesistente nevo o melanosi. Elementi a favore della diagnosi di malignità sono il progressivo ispessimento della lesione, la presenza di nodularità e la neoangiogenesi intra e peri-lesionale. [5][6]
Nel 29% dei casi questa neoplasia si caratterizza per una mutazione del gene BRAF e nel 18% di NRAS, mentre non si riscontrano le mutazioni di GNAQ e GNA11. [5]
L’esame clinico non dovrebbe limitarsi all’osservazione delle strutture oculari, ma includere la palpazione dei linfonodi preauriculari, sottomandibolari e cervicali e delle paratiroidi, l’esame del fondo oculare e l’utilizzo di una lampada a fessura.[6] Negli ultimi anni lo sviluppo della microscopia laser confocale ha cominciato a trovare applicazione anche in questo campo, mentre l’ultrasonografia con tecnica B-scan (UBM) e la tomografia (AS-OCT) conservano la loro utilità nel valutare l’estensione della patologia in casi selezionati. [5]
La stadiazione è basata sullo spessore della lesione e sul grado di invasione.
Il trattamento di prima scelta prevede, a seconda dell’estensione, una biopsia escissionale o l’enucleazione del bulbo oculare. [5][7]
Sono da considerarsi terapie adiuvanti: la brachiterapia, la radioterapia con protoni, la crioterapia e la chemioterapia locale con mitomicina C e interferon-alfa 2b. [5][7]
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