Simone Cappilli
Istituto di Dermatologia, Università Cattolica, Roma
Il rapporto tra acne e dieta è stato e tuttora continua ad essere uno dei temi più dibattuti in campo dermatologico, proprio al fine di comprendere se effettivamente esista una precisa correlazione tra l’insorgenza o l’aggravamento di tale patologia ed alcuni specifici alimenti. L’importanza di tale problematica è in parte dovuta alla prevalenza dell’acne volgare soprattutto in età adolescenziale, ma anche in età adulta, specialmente nel sesso femminile. Infatti la prevalenza riportata tra gli adolescenti varia dal 40% al 90% in base alle diverse metodiche e definizioni utilizzate (1-5), rappresentando così una delle più frequenti patologie nella popolazione generale a livello mondiale.
L’acne, con le sue manifestazioni cutanee polimorfiche, è il risultato di un’ipercheratinizzazione ed ostruzione dei follicoli pilosebacei, di un’iperproduzione di sebo, della colonizzazione da parte di Propionibacteriumacnes e di fenomeni infiammatori locali. Tra i vari fattori, svolgono un ruolo fondamentale gli androgeni (testosterone, i suoi metaboliti e alcuni mediatori biologici come IGF1) e la funzione che questi svolgono su specifici recettori presenti a livello dell’epitelio germinativo pilosebaceo. La maggioranza degli studi su acne e dieta è infatti focalizzata proprio sul rapporto androgeni-cute, e sull’influenza che alcuni alimenti possono esercitare in questo delicato equilibrio. Uno studio recente effettuato su circa 225 giovani americani, di età compresa tra 14 e 19 anni, ha dimostrato come il latte “scremato” sia maggiormente consumato da coloro che sono affetti da acne moderata-severa rispetto ai controlli sani (6), dati ulteriormente confermati da un altro studio di coorte prospettico che ha valutato un campione di circa 4300 partecipanti (7). La peculiarità risiede nella concentrazione di ormoni (testosterone ma anche estrogeni), maggiormente presenti nel latte scremato rispetto a quello intero, e ciò rappresenterebbe un punto chiave del ruolo svolto a livello cutaneo. In realtà non solo questo alimento sarebbe un possibile fattore di scatenamento o aggravamento dell’acne, ma più in generale, una dieta ad alto indice glicemico è stata messa in stretta correlazione con l’acne, sebbene nessuno studio abbia ancora posto l’attenzione sui singoli alimenti e sulle quantità (giornaliere, settimanali o mensili) che possono essere consumate.
Molti studi, infatti, confermano il ruolo che esercita una dieta ad alto indice glicemico sulla patogenesi dell’acne: un eccessivo consumo di carboidrati e lipidi crea una condizione di iperinsulinemia, responsabile dell’aumento delle concentrazioni sieriche del fattore di crescita di insulina 1 (IGF-1), con conseguente incremento della proliferazione dei cheratinociti basali e riduzione delle concentrazioni sieriche della proteina 3 legante il fattore di crescita dell’insulina (IGFBP-3), che comporta un’inibizione del normale processo di apoptosi dei cheratinociti. L’ipercheratinizzazione acro infundibolare è il primo passo nella formazione del comedone. Inoltre gli alimenti ad alto indice glicemico aumentano la concentrazione sierica di acidi grassi non esterificati che agiscono a livello recettoriale-nucleare, incrementando l’espressione del recettore del fattore di crescita epidermico (EGRF) con conseguente proliferazione cheratinocitaria. Infine, l’iperinsulinemia stimola direttamente e mediante IGF-1 la produzione di androgeni a livello di ovaie e testicoli e inibisce la sintesi epatica della proteina legante gli ormoni sessuali (SHBG) (8).
Gli androgeni svolgono un ruolo fondamentale nell’indurre un’iperplasia delle ghiandole sebacee, nonché nell’incrementare la produzione di sebo e la proliferazione di cheratinociti. IGFBP-3 e SHBG agiscono in senso opposto inibendo l’azione di IGF-1 e degli androgeni (9-10-11), contrastando quindi l’azione in senso comedogenico e infiammatorio a livello cutaneo. L’impatto della dieta sul corso dell’acne è ancora un argomento molto controverso, ma non può più essere trascurato, nella quotidiana pratica clinica Secondo alcuni recenti dati della letteratura, il latte dovrebbe essere consumato meno di 3 volte a settimana (12), e si dovrebbe seguire una dieta mediterranea a basso indice glicemico (13) I ruoli di sostanze antiossidanti, acidi grassi omega-3, zinco, vitamina A, fibra alimentare e iodio nel corso dell’acne rimangono poco chiari (14) Nonostante tutti i risultati degli studi citati nell’articolo, i dermatologi dovrebbero beneficiare di un attento ascolto dei loro pazienti. Se un paziente osserva un’associazione tra un determinato alimento e un peggioramento dell’acne, dovrebbe essere istruito per escluderlo dalla dieta o limitarne il consumo. Inoltre i medici dovrebbero incoraggiare i pazienti a scrivere un diario alimentare con i fattori alimentari che producono peggioramenti del quadro clinico. L’influenza della dieta sulla gravità dell’acne richiede ancora molta ricerca ma non dovrebbe essere più un dogma dermatologico affermare che qualsiasi associazione tra dieta e acne è un mito.
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